sabato 25 agosto 2012

Grave Digger - "Home At Last"



Titolo: "Home At Last"
Autore: Grave Digger
Genere: Power Metal
Anno: 2012
Etichetta: Napalm Records
Voto: 6,5
Sito internet: www.grave-digger-clan.com



Nonostante le uscite poco ispirate degli ultimi anni e alcune mosse commerciali che non fanno presagire bene per il futuro (nel momento in cui scrivo dovrebbe essere già in commercio il primo doccia/shampoo della band...), i Grave Digger rimangono uno dei miei gruppi preferiti di sempre, pertanto provo sempre un po’ di emozione alla notizia di un nuovo album. Il full lenght “Clash Of The Gods” sarà nei negozi a partire dal 24 agosto, mentre dal 27 luglio è disponibile un mini cd “aperitivo” che, sorpresa sorpresona, non è per niente male. Nessun miracolo, sia chiaro, queste tre nuove tracce suonano Grave Digger al 100% ricordando come sempre qualcosa del passato, ma lasciandosi ascoltare con piacere allo stesso tempo.
Il cd si compone di tre mid tempo melodici, potenti e rocciosi, che lasciano un po’ spiazzati sulla direzione stilistica generale del prossimo album (niente pezzi veloci? Oppure questi saranno la ciliegina sulla torta?). Poco importa, quello che conta è la qualità della musica.
Il disco si apre con “Home At Last”, che colpisce per il ritornello epico e maestoso come non si sentiva dai tempi di “Rheingold”. Segue “Rage Of The Savage Beast”, il classico mid tempo schiacciasassi, che pur strizzando molto l’occhio alla storica “The Grave Dancer” convince per potenza e istigazione all’headbanging, grazie anche al coro centrale che già vedo cantare a squarciagola dal pubblico in sede live. Si chiude con “Metal Will Never Die”, la più debole delle tre, un tributo all’heavy metal che ultimamente sembra essere di tendenza tra i gruppi teutonici. Tutto sommato comunque un brano godibile.
A supporto del nuovo materiale troviamo tre cavalli di battaglia registrati al Wacken 2010: “Ballad Of A Hangman”, “Excalibur” e una terremotante versione di “Heavy Metal Breakdown”. Come sempre, i Grave Digger danno il meglio di loro dal vivo. In conclusione direi che è difficile fare un pronostico sul nuovo album in base a soli tre pezzi (tra l’altro piuttosto simili tra loro). Però alla fine del cd la voglia di premere il tasto "ripeti" e alzare il volume c’è, testa e piedi si muovono a ritmo della batteria… Non resta quindi che incrociare le dita e aspettare. Manca davvero poco.

Tracklist:

1. Home At Last
2. Rage Of The Savage Beast
3. Metal Will Never Die
4. Ballad Of AHangman (Live)
5. Excalibur (Live)
6. Heavy Metal Breakdown (Live)

Line up:

Chris Boltendahl - Vocals
Axel Ritt - Guitars
Stefan Arnold - Drums
Jens Becker - Bass
Hans Peter Katzenburg - Keyboards

venerdì 13 aprile 2012

Unisonic - "Unisonic"

Titolo: "Unisonic"
Autore: Unisonic
Genere: Hard Rock/AOR
Anno: 2012
Etichetta: Ear Music
Voto: 7
Sito internet: www.unisonic.de


E finalmente ecco il tanto atteso debutto degli Unisonic, l’acclamato progetto che riunisce musicalmente e fisicamente Kai Hansen e Michael Kiske.
Il disco era stato anticipato dal mini “Ignition”, che a dire il vero non lasciava sperare tanto bene per il futuro, e infatti il full lenght conferma in parte le prime tiepide sensazioni.
Prima di addentrarsi nell’analisi musicale è doveroso (e scontato) fare presente che, come sempre, il disco vale l’acquisto se non altro per ascoltare la bellissima voce di Kiske: pulita, cristallina, squillante ed energica, insomma: intramontabile.
E sicuramente tutti avranno notato come Kiske nel corso degli anni abbia perfezionato la tecnica di canto, allontanandosi dall’acuto sparato tipico del power metal (periodo Helloween) a favore di un approccio più ragionato da vero cantante (ah…quel vibrato…).
Musicalmente il disco propone un hard rock/AOR melodico perfettamente in linea con le ultime uscite di Kiske (“Streets Of Fire” dei Place Vendome soprattutto), condito con spruzzate di power sui cui ogni tanto si stagliano ritornelli in stile Helloween/Gamma Ray.
I brani di per sé non sono male, il problema è che molti di essi mancano di mordente, mentre in altri la sensazione di deja vu è molto forte.
La title track ad esempio, con il suo attacco priestiano, è stata intenzionalmente piazzata in pole position  tanto per chiarire che sempre di metal si sta parlando, tuttavia il riff è uno di quelli strasentiti e il brano si salva grazie al ritornello trascinante.
In “Never Too Late” invece riecheggiano le note di “Time To Break Free” dei Gamma Ray (cantata da Kiske tra l’altro) mentre il break è molto simile a quello di “Future World”.
La prima metà del disco risulta quindi un po’ sottotono, a parte “I’ve Tried”, in cui le chitarre optano per soluzioni più serie e ricercate quasi alla U2.
La seconda parte invece risolleva le sorti del disco, con brani più accattivanti come “Renegade”, “My Sanctuary” e “King For A Day” (questi tre sono i pezzi più belli dell'album). Chiude “No One Ever Sees Me”, una ballad sui generis.
Da segnalare i testi, introspettivi e molto interessanti, che sembrano raccontare scorci di vita passata di Kiske.
Concludendo si può dire che il disco nel complesso non è male, si sente che è suonato da musicisti con esperienza (Hansen e Zafiriou sanno il fatto loro anche quando si tratta di uscire dai canoni del metal più classico) e scorre nel lettore con vero piacere. L'impressione però è che si poteva fare di più, proprio per il peso dei nomi che compongono questo progetto. Il fatto è che le aspettative erano alte, e fondamentalmente ci si aspettava un discone. Invece siamo di fronte a un buon disco di hard rock che oltre a non fare il botto (forse l'avrebbe fatto se la band fosse stata emergente) e rimarrà impresso solo nei cuori degli affezionati del duo Hansen/Kiske.
Ma in fondo bisogna accontentarsi. Li avete voluti insieme? Eccoli, gustateveli e zitti!

Tracklist:

1. Unisonic
2. Souls Alive
3. Never Too Late
4. I've Tried
5. Star Rider
6. Never Change Me
7. Over The Rainbow (bonus track edizione europea)
8. Renegade
9. My Sanctuary
10. King For A Day
11. We Rise
12. No One Ever Sees Me

Line up:

Michael Kiske: vocals
Kai Hansen: guitars
Kosta Zafiriou: drums
Dennis Ward: bass
Mandy Meyer: guitars 

sabato 24 marzo 2012

Gamma Ray - "To The Metal"

Titolo: "To The Metal"
Autore: Gamma Ray
Genere: Power Metal
Anno: 2010
Etichetta: Ear Music
Voto: 6,5
Sito internet: www.gammaray.org




Mi dispiace dover dare voti bassi ai miei gruppi preferiti, ma il calo creativo che ha colpito i Gamma Ray da qualche anno a questa parte è davvero preoccupante.
Dopo il discreto “Majestic” del 2005, i Gamma Ray cedono alla moda dell’”album parte seconda” pubblicando “Land Of The Free pt. 2”, seguito del loro album più acclamato. Il disco a mio avviso è un mezzo flop, dove la carenza di idee e richiami palesi (diciamo pure scopiazzamenti) al primo capitolo si fondono in un mix dai risvolti spesso ridicoli.
Dal punto di vista commerciale però, l’operazione è di quelle valide. Circa due anni prima infatti gli Helloween avevano pubblicato la terza parte di "Keeper Of The Seven Keys", così che venne organizzato un tour insieme che riscosse un grande successo.
L’ultimo “To The Metal” si inserisce nella lista degli album più commerciali dei Gamma Ray, che avendo ormai consolidato il marchio, puntano più sull’immagine che sulla qualità della musica. Tanto per essere franchi: i Gamma Ray fanno musica per ragazzini. Già il titolo è imbarazzante (non bastano i Manowar a glorificare l’heavy metal…?), per non parlare della copertina….
Fatta questa premessa, potrà sembrare contradditorio dire che il disco nel complesso non è poi male. Il discorso è sempre lo stesso: i brani si ascoltano con piacere, ma da un gruppo che ha scritto capolavori come “Heading For Tomorrow”, “Insanity And Genius” e “Land Of The Free”, ci si aspetta molto di più.
I dischi appena citati spiccavano per una freschezza compositiva che eleva il power metal ad un livello superiore, slegandolo dai soliti cliché. In “To The Metal” invece c’è solo la ripetizione di una lezione imparata a memoria (“Rise”, “Deadlands”, “No Need To Cry”, “To The Metal”, “Time To Live”).
Tra i brani più riusciti troviamo “All You Need To Know” (tirata e potente), in cui Hansen duetta con l’amico Kiske; “Shine Forever”, dall’intrigante ritornello happy metal accostato a un riff di chitarra e tastiera che ricorda vagamente certe tirate oscure dei Children Of Bodom, e la conclusiva “Chasing Shadows”.
Che dire: il metallaro appena nato si distruggerà le orecchie a furia di ascoltare questo disco, ma il metallaro “veterano”, più attento ed esigente (nonché aficionado del raggio gamma), dopo tre/quattro ascolti lo riporrà nello scaffale e li per sempre rimarrà.
Peccato.

Tracklist:

1. Empathy (Hansen) - 05:04
2. All You Need to Know (feat. Michael Kiske) (Hansen) - 04:00
3. Time to Live (Richter) - 04:48
4. To The Metal (Hansen) - 05:29
5. Rise (Zimmermann) - 05:05
6. Mother Angel (Hansen) - 05:20
7. Shine Forever (Schlächter) - 03:53
8. Deadlands (Hansen) - 04:23
9. Chasing Shadows (Richter) - 04:23
10. No Need to Cry (Schlächter) - 05:56

Line up:

Kai Hansen - Voce, Chitarra
Henjo Richter - Chitarra, Tastiere
Dirk Schlächter - Basso
Dan Zimmermann - Batteria

domenica 18 marzo 2012

Rage - "21"

Titolo: "21"
Autore: Rage
Genere: Power Metal
Anno: 2012
Etichetta: Nuclear Blast
Voto: 7,5
Sito internet: www.rage-on.de/




“The House Wins”.
Se dovessi scommettere su ogni uscita dei Rage, diventerei milionario in poco tempo.
Non so davvero come facciano ad uscire ogni due anni con dischi di qualità nettamente superiore alla media di tutte le uscite in ambito power metal.
Ci avevano lasciati nel 2010 con il bellissimo “Strings To A Web” ed ora ritornano più trionfanti che mai con “21”, disco che celebra il ventunesimo album della carriera e che si inserisce prepotentemente nella lista dei loro capolavori.
Accantonata (temporaneamente) la collaborazione con l’orchestra Lingua Mortis, i Rage riscoprono il lato più duro della loro musica sfornando un disco potente e diretto come in passato.
Resto dell’idea che la fetta più grossa della torta spetti a Victor Smolski, per essere riuscito a portare la musica dei Rage su un altro livello, rendendola più “ragionata” e progressiva (complici assolo mai banali e mai messi li tanto per riempire il brano; suoni più maturi e ricercati e soprattutto architetture musicali più complesse, slegate dal tradizionale concetto di canzone basato sul trittico strofa/ritornello/assolo) senza comunque dimenticare la furia delle origini.
Ritroviamo quindi anche in “21” i riff possenti e malefici che hanno fatto la fortuna di Peavy, a partire dalla title track, passando per la bellissima e potente “Forever Dead” fino all’inquietante “Serial Killer”, dove Peavy si cimenta nel growl (in tutto il cd comunque le vocals sono più ruvide aggressive rispetto alle ultime uscite).
“Feel My Pain” è un altro bellissimo brano che inizia in modo malinconico per poi esplodere dopo quaranta secondi in un mid tempo tirato dal grande appeal rock’n’roll.
Dall’inizio alla fine i Rage non sbagliano un colpo: “Psycho Terror”, “Destiny”, “Death Romantic”, “Black And White”. Gli ultimi due brani non sono forse riusciti al 100% (anche se nella ballad “Eternally” si può ascoltare un bell’assolo di Smolski), ma da soli non bastano a rovesciare le sorti di un disco davvero strepitoso.
Da segnalare anche i testi molto interessanti, frutto, credo, di esperienze personali vissute da Peavy negli ultimi anni.
Bravi Rage, grandissimi davvero.

Tracklist:

1. House Wins (intro)
2. Twenty One
3. Forever Dead
4. Feel My Pain
5. Serial Killer
6. Psycho Terror
7. Destiny
8. Death Romantic
9. Black And White
10. Concrete Wall
11. Eternally

Line up:

"Peavy" Wagner - vocals, bass
Victor Smolski - guitars
André Hilgers - drums

lunedì 12 marzo 2012

Ayreon - "The Final Experiment"

Titolo: "The Final Experiment"
Autore: Ayreon
Genere: Progressive Metal
Anno: 1995/2005
Etichetta: InsideOutMusic
Voto: 10
Sito internet: www.arjenlucassen.com



Ayreon è il mio gruppo preferito in assoluto. Non c’è storia che tenga: se voglio ascoltare qualcosa di diverso, qualcosa di emozionante, della buona musica fatta come dio comanda, allora mi ascolto un  disco degli Ayreon.
Di tutti i progetti creati dal grande compositore Arjen Anthony Lucassen, Ayreon è in assoluto il migliore, sia dal punto di vista musicale che da quello concettuale.
Il qui presente “The Final Experiment” risale all’ormai lontano 1995, uscito dopo un periodo non troppo felice per Arjen (problemi sentimentali e insuccessi professionali, tra cui il flop del primo album solista “Anthony”).
La copia che ho in mano è una ristampa del 2005 contenente un bonus cd acustico (di cui accennerò in chiusura) e una copertina interna molto interessante, sulla quale sono stampate alcune lettere di  case discografiche che si complimentano per l’eccellente qualità della musica, ma impossibilitate a pubblicare il cd a causa dello scarso interesse del pubblico verso le rock opera e, più in generale, verso un tipo di musica un po’ fuori dai soliti schemi.
Ricordiamoci che a quel tempo il mercato musicale risentiva degli ultimi colpi del grunge e dei gruppi alternative rock. Ma di li a pochissimo sarebbe cambiato tutto. Il metal sarebbe tornato alla ribalta e con esso tutti i generi e sottogeneri correlati, tra cui il progressive metal.
Questa riedizione rappresenta a maggior ragione un motivo di riscatto per Arjen.
Ma come si fa a recensire un disco degli Ayreon? Non si sa davvero da dove partire tanta è l’immensità dell’opera, a partire dal genere. Conviene catalogare direttamente la musica come progressive metal, tante sono le influenze e gli stili che si mescolano in questi lavori.
Di certo c’è del metal, con chitarre dai suoni nitidi, pomposi e potenti. C’è del progressive/space rock anni Settanta, l’influenza di gruppi come Pink Floyd e Yes è evidente e magistralmente reinterpretata; ci sono musiche medievali e atmosfere celtiche, da sempre grande passione di Arjen.
L’altra caratteristica del progetto Ayreon è di non essere un gruppo fisso, bensì una collaborazione tra Arjen e artisti appartenente alla scena rock/metal (e non solo) ogni volta diversi.
Infine, ogni disco degli Ayreon è un concept album, e tutti i dischi che escono sotto questo monicker sono collegati tra di loro. Praticamente tante storie che sono parti di una trama immensa e geniale.
La storia di “The Final Experiment” è ambientata nell’Inghilterra all’epoca di Re Artù, e narra delle vicende del protagonista, Ayreon, un menestrello cieco. Tutto comincia quando Ayreon, in sogno, riceve un messaggio proveniente dal futuro (anno 2084). In quel periodo l'umanità ha avviato un processo irreversibile di autodistruzione, e alcuni scienziati sviluppano un programma chiamato Time Telepathy in grado di spedire dei messaggi a ritroso nel tempo, con la speranza che vengano intercettati da qualcuno in grado di prevenire e ostacolare questo processo di autodistruzione. Grazie al sesto senso sviluppato dopo la cecità, Ayreon capta uno di questi messaggi e, dopo un’iniziale periodo di confusione dovuto alla stranezza delle visioni, comincia lentamente a comprendere il significato dei messaggi e si fa portavoce del terribile destino dell’umanità.
Ma la missione è tutt’altro che facile: Ayreon dovrà infatti scontarsi con la mentalità della gente del suo tempo, non certo predisposta e soprattutto spaventata da vaneggiamenti su cataclismi futuri che causeranno la fine del mondo.  E infatti sarà bandito dalla comunità.
Accolto con onore alla corte di Re Artù, si scontra con il potente Mago Merlino, geloso della capacità di Ayreon di predire il futuro e non convinto del messaggio contenuto nelle sue visioni.
Ma sarà proprio Merlino a doversi ricredere…
Questa trama avvincente poggia su un’impalcatura musicale assolutamente spettacolare. Un lavoro impeccabile senza sbavature o momenti sottotono. A partire dall’arpeggio iniziale di “The Awareness” (di pinkfloydiana memoria) si è catapultati in un vortice di atmosfere intense ed emozionanti, momenti ariosi e delicati alternati ad altri più aggressivi (come in “Eyes Of Time”, da segnalare soprattutto per il bellissimo assolo di tastiera sul finale); ed altri ancora più epici come nella splendida “The Banishment”, il cui intro non sfigurerebbe affatto come colonna sonora di un colossal fantasy.
Soluzioni un po’ più progressive e sperimentali si trovano in brani come “Listen To The Wawes” o “Merlin’s Will”, o tipo in “Magic Ride”, in cui fanno capo certe atmosfere ambient che saranno maggiormente sviluppate nei lavori successivi.
Chiude il disco “Ayreon’s Fate”, che anche musicalmente riassume quanto precedentemente esposto.
“The Final Experiment” è un’opera complessa e imponente destinata a far parlare di sé nel tempo e a non tramontare mai per bellezza, importanza e originalità.

Meno interessante è invece il bonus cd contenuto in questa edizione, in cui alcuni brani vengono riarrangiati in chiave acustica e cantati da voci differenti (tra queste le più interessanti sono Marcela Bovio, Irene Jansen e Astrid van der Veen).

Tracklist:

Prologue

    01 - Prologue
        a) The Time Telepathy Experiment
        b) Overture
        c) Ayreon's Quest

Act I: 'The Dawning'

    02 - The Awareness
        a) The Premonition
        b) Dreamtime (Words Become A Song)
        c) The Awakening
    03 - Eyes Of Time
        a) Eyes Of Time
        b) Brainwaves
    04 - The Banishment
        a) A New Dawn
        b) The Gathering
        c) The Accusation
        d) The Banishment
        e) Oblivion

Act II: 'King Arthur's Court'

    05 - Ye Courtyard Minstrel Boy
    06 - Sail Away To Avalon
    07 - Nature's Dance

Act III: 'Visual Echoes'

    08 - Computer-Reign (Game Over)
    09 - Waracle
    10 - Listen To The Waves
    11 - Magic Ride

Act IV: 'Merlin's Will And Ayreon's Fate'

    12 - Merlin's Will
    13 - The Charm Of The Seer
    14 - Swan Song
    15 - Ayreon's Fate
        a) Ayreon's Fate
        b) Merlin's Prophecy
        c) Epilogue
Line up:

Cantanti: Edward Reekers, Lenny Wolf,Robert Soeterboek, Jan-Chris De Koeijer, Ian Parry, Barry Hay, Arjen Lucassen, Jan van Feggelen, Leon Goewie, Ruud Houweling, Lucie Hillen, Mirjam van Doorn, Debby Schreuder.
Musicisti: Arjen Lucasse (all guitars, keyboard, bass), Cleem Determeijer (Hammond, Minimoog, Mellotron, Vocoder, Oberhei, Harpsicord, Piano and Keyboard), Jolanda Verduijn (bass), Peter Vink (Bass), Jan Bijlsma (bass), Barry Hay (alto flute).

giovedì 1 marzo 2012

Rage - "Strings To A Web"

itolo: "Strings To A Web"
Autore: Rage
Genere: Power Metal
Anno: 2012
Etichetta: Nuclear Blast
Voto: 7,5
Sito internet: www.rage-on.de



Con “Strings To A Web” i Rage pubblicano nel 2010 uno dei loro album migliori.
In attesa di ascoltarmi il nuovo “21”, in uscita proprio in questi giorni, mi è venuta voglia di gustare nuovamente questo gioiellino del trio “crucco” capitanato dal simpatico Peavy Wagner.
Anche “Strings To A Web” è frutto della sinergia con la famosa Lingua Mortis Orchestra, una collaborazione che ha sempre portato a ottimi risultati, fin dal grandioso “XIII” del lontano 1998. Ricordo che a quel tempo i Rage furono criticati per questa scelta (che a detta degli esperti avrebbe minato il tipico sound della band) e addirittura su una rivista italiana furono accusati di essere diventati una copia dei Metallica, anche a causa del look alla “black album” (calzoni e magliette nere attillati), che effettivamente sarebbe stato poi ripreso da altre band. Che stronzata! Dei Rage si può dire tutto tranne che sono dei fighetti o dei modaioli. La loro coerenza è pari alla costanza con la quale ogni due anni producono album di qualità superiore alla media, senza ricevere quell’attenzione e quel successo che spesso vengono ingiustamente riservati al primo gruppetto che capita.
Ma non siamo qui per fare polemica, bensì per valutare un bellissimo disco di ottimo heavy metal.
La prima cosa che si avverte è che l’alchimia che si è creata tra Peavy e Victor Smolski è ormai un marchio di fabbrica consolidato. Smolski è sempre più libero di esprimersi a suo piacimento e il songwriting generale è il primo a trarre i benefici da questa influenza, grazie soprattutto all’impiego di soluzioni più raffinate (rispetto ai chitarristi più “metalloni” che hanno militato in passato) che spesso sfociano nel prog. Sia ben chiaro, i riff potenti e malefici in stile Rage ci sono tutti, tuttavia c’è più attenzione alla melodia e all’assolo ragionato.
I primi brani scorrono via con piacere in un mix di potenza e melodia come d’abitudine, è il caso di “The Edge Of Darkness” e “Hunter And Prey”; mentre in “The Beggar’s Last Dime” si avverte quel tocco prog di cui parlavo prima.
Ma la perla del cd (che da sola ne vale l’acquisto) è la suite “Empty Hollow”. Suddiviso in cinque parti, questo brano mette in mostra il lato più intimo e riflessivo dei Rage, dove le parti orchestrali ben si amalgamano a intensi arpeggi di chitarra acustica e malinconici assolo.
In chiusura si ritorna al metal dove si segnala il bellissimo brano “Savior Of The Dead” (dall’interessante incedere prog-blues); e al rock’n’roll con la divertente e tirata “Hellgirl”.
Da segnalare inoltre la strumentale “Through The Ages”, malinconica e toccante quanto basta.
Chiude la partita “Tomorrow Never Comes”, dove Smolski si sbizzarrisce nei suoi assolo a volte un po’ nevrotici. Degna conclusione di un album che, anche grazie alla produzione, sfiora la perfezione.

Tracklist:

1. The Edge Of Darkness
2. Hunter And Prey
3. Into The Light
4. The Beggar´s Last Dime

EMPTY HOLLOW

5.a. Empty Hollow
6.b. Strings To A Web
7.c. Fatal Grace
8.d. Connected
9.e. Empty Hollow (reprise)

10. Saviour Of The Dead
11. Hellgirl
12. Purified
13. Through Ages
14. Tomorrow Never Comes

Line up:

"Peavy" Wagner - vocals, bass
Victor Smolski - guitars, keyboards, cello
André Hilgers - drums
Lingua Mortis Orchestra

lunedì 27 febbraio 2012

Freedom Call - "Land Of The Crimson Dawn"

Titolo: "Land Of The Crimson Dawn"
Autore: Freedom Call
Genere: Power Metal
Anno: 2012
Etichetta: Steamhammers Records
Voto: 5
Sito internet: www.freedom-call.net


I Freedom Call non mi hanno mai fatto impazzire, e ritengo che siano un gruppo troppo sopravvalutato sia dalla critica sia dai fans.
Tuttavia non nego di essermi goduto i primi tre dischi: “Stairway To Fairyland”, “Crystal Empire” ed “Eternity”, che nonostante non proponevano nulla di nuovo, riuscirono a loro modo a lasciare il segno grazie alla leggerezza e spensieratezza di accattivanti melodie “happy metal” che poi sono diventate il trademark della band.
Il problema però è che la musica dei Freedom Call non si è evoluta, rimanendo legata alle canzonette dal ritornello facile e, fatto peggiore, regredendo nel songwriting a causa di un calo di ispirazione iniziato con “The Circle Of Life”.
Mai un cambio nei suoni o un brano più complesso del solito, mai un azzardo, niente.
Certo c’è tanta coerenza nei Freedom Call, ma senza qualità non si va vanti.
Già li vedo i fans dei Freedom Call, una banda di ragazzini armati di coltello che mi cercano per farmi fuori…d’altra parte i metallari più incalliti difficilmente si lasciano abbindolare dalle certe melodie zuccherose…
Forse sarò ingiusto e cattivo, ma dei 14 brani che compongono il nuovo “Land Of The Crimson Dawn” non se ne salva nemmeno uno.
Se volete ve li elenco uno per uno: “Age Of Phoenix” è semplicemente brutta, “Rockstars” è ridicola sia nella musica sia nel testo”, “Crimson Dawn” ha il ritornello a dir poco imbarazzante, “66 Warrior”…ma quante canzoni hanno scritto i Freedom Call il cui titolo contiene la parola Warrior?, “Back Into The Land Of Light” inizia con le solite tastiere trionfanti (fiato alle trombe!) che tra l’altro ricordano, per forza di cose, la migliore “Land Of Light” contenuta in “Eternity”. Devo continuare? Non c’è problema, vi accontento subito: “Sun In The Dark” si sorregge su un giro di blues che non si capisce dove voglia andare a parare, “Hero On Video” è un tributo all’hard rock festaiolo anni Ottanta…basta, non ce la faccio più.
Mi direte che i Freedom Call sono una band di happy metal, un genere che gira al largo da virtuosismi o sperimentazioni. Mi sta bene, ma santo cielo metteteci più impegno perché la pochezza di queste canzoni è davvero disarmante.

Segnalo che il disco è il primo dopo la dipartita del drummer Dan Zimmerman e che è disponibile una versione limitata contentente alcuni classici dei Freedom Call coverizzati. Tra questi spicca Mr. Evil, suonata dai nostrani Secret Sphere.


Tracklist:

CD 1:

01. Age Of The Phoenix
02. Rockstars
03. Crimson Dawn
04. 66 Warriors
05. Back Into The Land Of Light
06. Sun In The Dark
07. Hero On Video
08. Valley Of Kingdom
09. Killer Gear
10. Rockin` Radio
11. Terra Liberty
12. Eternity
13. Space Legends
14. Power & Glory

CD 2:
01. Flame In The Night – performed by Powerworld
02. Hunting High And Low - performed by Downspirit
03. Land Of The Light - performed by Neonfly
04. Mr.Evil - performed by Secret Sphere
05. Palace Of Fantasy - performed by Manimal
06. Warriors - performed by Hannes Braun of Kissin` Dynamite

Line up:

Chris Bay (Voce, Chitarra)
Lars Rettkowitz (Chitarra, Cori)
Samy Saemann (Basso, Cori)
Klaus Sperling (Batteria, Cori)